Le origini dell’idrocolonterapia risalgono a tempi antichi. Già nel Papiro di Ebers, del 1552 a. C. si ritrovano notizie riguardanti le indicazioni per l’uso dei clisteri da parte degli Egizi come rimedio per più di 20 sintomi gastrici e intestinali.
Anche gli antichi Greci e Romani hanno contribuito alla storia dell’idrocolonterapia. Ippocrate utilizzava i clisteri per la cura della febbre e altri disturbi corporei. Il medico romano Asclepiade di Bitinia considerato uno dei padri della medicina romana, preferiva l’uso dei clisteri a quello dei lassativi per la cura dei vermi intestinali e delle febbri.
La successiva citazione scritta sull’uso del clistere si trova nel “De Medicina” di Celso (25 a.C. – 50 d.C.). Il medico di origine greca Galeno era pure un sostenitore del clistere.
Il primo strumento documentato per l’idrocolonterapia è stato la siringa da clistere. Non è tuttavia certo a chi appartenga la sua paternità. Lieberman attribuisce ad Avicenna (980-1036 A.D.) la prima descrizione della siringa. Certamente ne descrisse uno il grande chirurgo e medico arabo Albucasis di Cordoba nella sezione sulla chirurgia della sua opera Al Tasrif, indicata per la pulizia delle orecchie e per iniezioni uretrali. Per i clisteri suggerì invece l’uso di uno strumento del tutto differente: una borsa connessa a una cannula rigida, un tipo di strumento che rimase prevalente fino al sedicesimo secolo.
Durante il Medio Evo le informazioni sul clistere continuarono a diffondersi ed il suo uso divenne di moda tra i ceti abbienti della popolazione e delle famiglie reali.
Il famoso chirurgo inglese John Ardene (1307-1390) scrisse un trattato intitolato “Treatise of Fistula-in-ano, Hemorrhoids and Clysters”.
Nel 1480 Luigi XI, Re di Francia, accusò un attacco apoplettico che venne risolto da un clistere somministrato secondo le direttive del suo medico.
Una delle prime illustrazioni riguardanti l’uso della siringa per somministrare clisteri appare nel libro del 1497 Das Buch der Cirurgia di Hieronymus Brunschwig.
Illustrazione di siringa dal Das Buch der cirurgia di Hieronymus Brunschwig
Un’altra dello stesso secolo si vede chiaramente in un bassorilievo di legno presso il museo di Bruges e mostra la scena piuttosto curiosa mostra la somministrazione a domicilio di un clistere a una donna attraverso una finestra
Nel sedicesimo secolo ormai la siringa aveva il favore della maggioranza dei medici e degli speziali, ma non era adatta all’autosomministrazione da parte del paziente, per cui già nel 1564 il celebre chirurgo francese Ambroise Paré nei suoi Dix Livres de la Chirurgie presentò “un’altra siringa per una donna che sarà pudica, la quale potrà somministrarsi il clistere da sola”.
Il 17° Secolo divenne celebre come “l’età del clistere”. Nella società parigina era di moda farsi tre o quattro clisteri al giorno, secondo la credenza popolare che un lavaggio interno era essenziale per un buono stato di salute.
Si dice che Luigi XIV (1638-1715) abbia ricevuto più di 2000 clisteri durante la sua vita. In questo periodo le siringhe erano forgiate in diverse maniere. Era considerata buona pratica possedere diverse siringhe, e alcune famiglie aristocratiche addirittura ne possedevano ricche collezioni.
Poiché molti pazienti per pudore rifiutavano di farsi somministrare clisteri da estranei, il grande medico e fisiologo olandese Reinier de Graaf decise di presentare un suo strumento, che era una siringa normale dotata di un tubo impermeabile flessibile interposto tra il cilindro e la cannula, che poteva evitare la presenza dello speziale.
Un tipo di siringa che ebbe un certo successo tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo comprendeva un raccordo metallico tubolare a doppio angolo retto e talvolta era incorporato in uno sgabello. Il paziente si sedeva con cautela sulla cannula e spingeva in basso il pistone della siringa con le due mani.
Nella prima metà del diciannovesimo secolo tre inventori inglesi si misero in competizione per produrre e propagandare nuovi strumenti per clisteri, superiori (secondo loro) a tutti quelli precedenti, e in particolare alla siringa tradizionale. I loro nomi erano John Read (che non era medico ma aveva una particolare inclinazione per la meccanica), Edward Jukes (chirurgo e forte propugnatore dei clisteri) e James Scott (medico chirurgo fautore dei clisteri abbondanti e probabilmente l’autore più prolifico su questo argomento). Gli strumenti proposti da questi inventori erano straordinariamente simili, e tutti erano piccole siringhe usate come pompe con un’azione intermittente, aspirante e premente.
Nel 1846 il medico francese Éguisier presentò uno strumento chiamato da lui “irrigateur”, conosciuto anche molto più tardi sotto il suo nome e particolarmente utile per l’autosomministrazione dei clisteri senza la necessità per il paziente di dover pompare. L’irrigatore ebbe un notevole successo, specialmente in Francia, al punto che ne furono anche prodotti modelli molto eleganti con decorazioni smaltate. Fu anche venduto in Inghilterra verso la fine del secolo e ne troviamo un’illustrazione nel catalogo del 1895 dei grandi magazzini Harrod’s. Erano gli strumenti per clisteri più costosi, ma nonostante ciò non furono abbandonati fino a dopo il 1930.
In Francia apparvero perfino nelle illustrazioni dei romanzi erotici dell’epoca, forse per il loro aspetto elegante…
Nel 1872 un altro medico britannico, W. L. Shepard, presentò due piccoli strumenti per clisteri di sua invenzione, chiamati Simplex e Facilis, in un articolo pubblicato quasi contemporaneamente sia su The Lancet che su The British Medical Journal. In quell’articolo Shepard criticò i difetti della siringa tradizionale di ottone e dell’irrigatore di Éguisier, ma non menzionò gli strumenti precedenti di Read, Jukes e Scott, che erano chiaramente i predecessori dei suoi.
Strumento ‘Simplex’ di Shepard
Continuando nell’evoluzione dello sviluppo delle apparecchiature, uno dei pezzi più originali è stato il “Plombieres” disegnato da De Langenhangen. Questo strumento fu presentato nel 1898 e consentiva al paziente di eseguire la procedura in posizione reclinata. La pressione e il flusso dell’acqua erano regolabili.
Il patologo viennese Anton Brosch è considerato il pioniere dell’enteroclisma subacqueo. Somministrava il liquido per l’irrigazione attraverso un tubo che inseriva nell’intestino del malato prima che questi entrasse nella vasca. Nel bagno stesso l’acqua corrente calda portava via tutti gli escrementi che uscivano vicino al tubo. Nel 1922 il dr. Olpp imparò il metodo di Brosch e trasformò quell’apparecchio che a livello igienico era insoddisfacente. Da quel momento si chiamò enteroclisma subacqueo: qui il tubo intestinale e l’imbuto per le feci erano forniti di guarnizioni di tenuta, quindi nell’acqua del bagno rimanevano molte meno feci. Inserì anche una valvola sferica nel tubo intestinale per il controllo della pressione, riducendo il rischio di perforazione intestinale.
L’Hydrotone di Kennison è stato uno dei primi sistemi “aperti”. Era costituito da un tavolo intgeramente in metallo, con rubinetti per l’acqua calda e fredda e una bacinella per il drenaggio, il tutto connesso alle tubature dell’acquedotto in modo sanitario. L’operatore sedeva al lato del tavolo e tutti i controlli erano a portata di mano. La cannula di irrigazione era di acciaio temperato e permetteva sia l’influsso che il deflusso, rendendo così possibile l’irrigazione continua
Lo sviluppo successivo è stato l’Apparato di Dierker, uno dei primi sistemi “chiusi. Era prodotto in due modelli, corrispondenti a diversi modi di somministrare l’idrocolonterapia. Nell’idrocolonterapia “alta” il tubo di irrigazione veniva inserito per oltre un metro nell’intestino attraverso il retto, facendo sì che l’acqua “sciacquasse” letteralmente il contenuto intestinale fuori dall’ano. Nell’idrocolonterapia “bassa”, che è quella effettuata anche attualmente, il tubo rettale veniva sostituito da uno speculum o anoscopio che veniva inserito per 6-10 cm nel retto, consentendo all’acqua di ammorbidire lentamente il contenuto fecale a partire dal retto e, attraveso il sigma, alle altre diverse porzioni del colon.
Nel 1906, il Dr. Kellog, chirurgo nello Stato americano del Michigan, ha pubblicato un esteso trattato sulla idrocolonterapia; nel suo libro egli la raccomanda per numerose condizioni morbose, tra cui le malattie epato-biliari, lo shock chirurgico, le coliti ed il colera.
L’importanza della idrocolonterapia è stata sottolineata da molti medici di quel periodo, tra cui vanno soprattutto ricordati il Dr. James A. Wiltsie e il Dr. Joseph E.G. Waddington. Quest’ultimo, in una sua pubblicazione intitolata “Irrigazione Intestinale Scientifica e Terapia Adiuvante”, delinea la posizione di molti suoi contemporanei, affermando che “il funzionamento non corretto del canale intestinale è precursore di molte malattie, soprattutto di quelle croniche. Il ripristino della normale eliminazione del contenuto dell’intestino è spesso la fase preliminare che porta al recupero della condizione di salute globale“. Il Dr.Wiltsie sosteneva che “le nostre conoscenze in tema di fisiologia normale e anormale del colon, come pure le sue patologie e le relative terapie, non sono progredite al passo di quelle relative ad altri organi del corpo umano. Fino a quando continueremo a pensare che ‘il colon si prenderà cura di se stessò rimarremo nella completa ignoranza di quella che probabilmente è la più importante fonte di malattie in tutto il corpo”.
Il Dr. Norman Walker, conosciuto in tutto il mondo per aver scritto numerosi testi su come raggiungere e mantenere un equilibrato stato di benessere (egli stesso fu il migliore esempio dei suoi insegnamenti, avendo vissuto serenamente e in accellenti condizioni fisiche fino a 118 anni), scriveva circa mezzo secolo fa in un suo libro dedicato alla salute del colon che: “nessun trattamento di malattie o dolori può avere esito positivo senza che prima venga eseguita una preliminare pulizia intestinale effettuata attraverso un lavaggio“.
Alla fine dell’Ottocento il biologo Russo Metchnikoff, direttore dell’Istituto Pasteur di Parigi e Premio Nobel per la Medicina nel 1908 con studi sulla biologia della flora batterica intestinale, soleva affermare che “la morte ha origine nel colon”.
Tuttavia, la pratica del lavaggio del colon da parte di personale non istruito adeguatamente e senza esperienza in campo medico, insieme alla conseguente mancanza di un controllo professionale e di studi appropriati, hanno portato anche ad una inevitabile resistenza alla sua accettazione da parte di altri esponenti della medicina ufficiale durante questa prima fase “pioneristica”.
A partire dagli anni ‘40 lo strumentario per idrocolonterapia ha continuato ad evolvere, e nei primi anni ‘50 questo tipo di trattamento fioriva negli Stati Uniti. Il prestigioso Beverly Boulevard di Los Angeles era conosciuto come “la fila degli idrocolon”. Tuttavia, verso la metà degli anni ‘60 l’impiego delle irrigazioni coliche e dell’idrocolonterapia cominciò a declinare fino ai primi anni ‘70, quando la maggior parte degli apparecchi per idrocolonterapia venne rimosso dagli ospedali e dalle case di riposo per essere sostituiti da colostomie, lassativi e clismi monouso.
Oggi, i miglioramenti apportati alla strumentazione utilizzata per il lavaggio del colon dalla moderna tecnologia (in modo particolare quelli legati alla sicurezza) e la formazione di terapisti appositamente addestrati, fanno sì che l’idrocolonterapia si stia affermando come una cura valida per il trattamento di alcune malattie e come supporto per una corretta omeostasi corporea. Attualmente sono iniziate ricerche, in campo nazionale e internazionale, per valutare i benefici e le varie applicazioni che la idrocolonterapia può offrire.Insieme con una nutrizione equilibrata, l’esercizio fisico e un’attitudine mentale positiva. la idrocolonterapia può giocare un ruolo importante nel conseguire e mantenere uno stato di effettivo benessere.